IL (BISB)ETICO VEGANO

vegano

Negli anni ’80, le pellicole fantascientifiche ci avevano premesso e promesso di tutto, dagli uomini androidi all’uomo pipistrello, dal monopattino volante ai cyborg assassini, dal vegano al crudist…ah no, a quelli non c’erano arrivati. Io forse non ci arrivo neanche oggi, e vorrei esprimervi la mia perplessità maggiore.

Partiamo dall’identikit del vegano tipo. Anzi no, innanzitutto dobbiamo fare una distinzione tra il vegano, una persona equilibrata che ha scelto di seguire un certo tipo di regime alimentare senza che questo si ripercuota sul sistema nervoso del prossimo, e il nazivegano, ed è ovviamente all’ultimo che mi rivolgo: ma che c’hai da essere sempre così polemico?! E’ la soia che ti agita? Va’ che te la puoi fare una canna per rilassarti, è erba, ci dovresti essere abituato! L’esemplare di oggi è uno spirito guerrigliero che fa della sua dieta una filosofia di vita, il sempre indignato con il resto del mondo che si atteggia con superiorità morale e condanna, a parole e a gesti ma più a parole che a gesti, chiunque non sposi la sua etica. Etica?! Eh sì, al vegano la ciccia non piace ma spesso e volentieri si riempie la bocca con manciate e manciate di ottima etica. Lasciamo perdere il concetto basilare per cui alle parole dovrebbe seguire un buon esempio, non una battaglia se no mi sa che hai già perso, ma davvero ce la sentiamo di parlare di etica? Sicuri sicuri sicuri? Ok, allora iniziamo mappando le origini delle materie prime a cui siete tanto affezionati:

  • Mandorle: il latte di questi frutti viene utilizzato per la realizzazione di surrogati di mozzarella, ricotta e altri tipi di formaggi e latticini. E’ in California che troviamo più dell’80% della produzione mondiale, ed è sempre in California che abbiamo il prosciugamento delle riserve idriche più devastante della storia…ah, vi avevano raccontato che le mandorline crescevano grazie alla polverina magica di Trilli? E invece pensate ragazzi, ogni singolo frutto si ciuccia 4 litri d’acqua per finire sulle vostre tavole, ripercuotendosi sulla siccità prepotentemente, tanto che si sono dovuti adoperare anche i Nativi Americani al fine di salvare il salmone Chinook, pesce fondamentale per la loro cultura. Non voglio rovinarvi la sorpresa, ma vi spoilero già come va a finire: come i 4mila cervi che ci hanno lasciato le penne (in un anno, non nei secoli) per lo stesso motivo, e cioè perché l’acqua che potrebbe evitarne l’estinzione è deviata per centinaia di km per essere utilizzata dai coltivatori di…cervi? Salmoni? Nein, di mandorle! In effetti ho sempre avuto l’impressione che voi altri foste dei sadici, non ve li magnate perchè sotto sotto volete farli soffrire di brutto. Cazzo, siete diabolici, davvero!
  • Avocado: tanto per pestare i coglioni alla nostra amata California, di cui conosciamo pure il meteo giornaliero grazie a Mediaset e ancora non ho capito bene dove vogliano arrivare, anche l’amatissimo “oro verde” arriva principalmente da lì, e grazie ai 270 litri d’acqua necessari allo sviluppo di mezzo kg di prodotto, son già 4 anni che lo stato americano registra la peggior siccità della storia. I vicini messicani, nasando l’affare, hanno scaraventato nel cesso gli ultimi semi di papaveri da oppio per darsi ad un mercato più redditizio della tossicodipendenza: la cucina etica! Qual è il problema? Il problema è che l’avocado vi piace veramente da morire, tant’è che la domanda supera di gran lunga l’offerta nonostante la deforestazione sia arrivata a toccare i 700 ettari all’anno per sopperire alle esigenze dei vostri palati fini. Che non vi senta dire che ai messicani non interessa la vostra dieta eh?! Tutti lì, poverini, a deforestare ancora e ancora, senza sosta e senza curarsi affatto dell’estinzione delle farfalle monarca, o dell’avvelenamento delle riserve acquifere da cui si abbeverano bipedi e quadrupedi dovuto all’utilizzo di quantità abnormi di pesticidi e fertilizzanti necessari alla coltivazione dell’avocado. Condiamo l’insalata con l’ultimo cenno relativo al controllo di questo business, in mano ad un’associazione criminale che riduce sul lastrico, stupra e perfino ammazza chiunque non si pieghi ai suoi canoni produttivi. Ecco da dove arriva la dicitura “avocado insanguinanti”, non ci ero mica arrivata. Ma fanculo i coltivatori messicani, con che cazzo me li condisco poi i fusilli?
  • Anacardi: sì, usate anche questi, vi ho sgamato un milione di ricette vegolose di dolci cruelty free, quindi non sindachiamo! Il 40% di questa specie arborea arriva dal Vietnam, Paese tradizionalmente molto democratico in cui si è adottata una filiera produttiva che ricorda la dittatura della Corea del Nord. Non lo dico io tanto per farvi sentire in colpa, l’ho letto su un reportage di Human Rights Watch. Il rimanente 60% si processa in India, e anche qui non usano la forza del pensiero ma donne schiave che lavorano senza tregua con le mani sfondate a causa dell’olio caustico rilasciato dal guscio degli anacardi. Va beh, ma non si possono mettere i guanti? Certo, se tu guadagnassi 2 euro al giorno quanti te ne avanzerebbero per dei guanti? Ma fanculo anche indiani e vietnamiti, c’ho da preparare la cheese cake!
  • Quinoa: qui ve la cavate con poco. L’apporto proteico della quinoa ha sconvolto solo il 45% della popolazione boliviana, la quale si è dovuta piegare ad un incredibile banditismo locale che a colpi di dinamite conquista terreni coltivabili, e di certo non per organizzarci la sagra di paese. In Perù siamo messi uguali se non peggio: nel momento in cui il prezzo della quinoa ha doppiato e raddoppiato quello del pollo e del riso, il 22% della popolazione peruviana ha dovuto eliminare questo ingrediente dalla sua dieta. Peccato che, proprio per le sue proprietà nutritive, la quinoa fosse indispensabile per reggere in piedi le zone più povere del Paese, colpite quindi da un tasso di malnutrizione infantile talmente alto che si è dovuta scomodare anche l’Unicef. Ok, direte voi, ma non ce l’hanno il McDonald’s in Perù? Non possono andar lì a mangiare che l’happy meal costa un cazzo e c’è pure la sorpresina?
  • AND THE WINNER IS SOIA: signore e signori, vi presento il più grande distruttore di foreste al mondo! Il vostro legume del cuore, quello con cui sostituite le bistecche per intenderci, è stato soprannominato l’Attila della foresta pluviale Argentina, della quale viene rasa al suolo ogni anno il 3% dell’area. Parliamo di 8 milioni di ettari, parliamo di una zona grande quanto il Portogallo. Ogni. Fottuto. Anno. Anche qui viene fuori il vostro innato sadismo. Non che ci volessi andare a breve per una gita eh, solo che, tanto per dire, la foresta pluviale servirebbe a produrre circa il 30% di ossigeno (sì, lo so, non si mangia l’ossigeno, ma a me le branchie ancora non sono spuntate) e a stabilizzare il riscaldamento globale (cosucce tipo il ciclo del carbonio vi dicono nulla?). Ok che a noi ci interessa che non tocchino le cosce del maiale, però vorrei rammentarvi che il 40% delle specie animali viventi son concentrate pensa un po’ dove?! Sarà mica nella foresta pluviale? E io che pensavo ci abitassero solo delinquenti e spacciatori, invece ci sono pure le bestie…Sono più che certa che sulla bilancia pesano maggiormente le mille e mille ricette a base di soia piuttosto che lo scioglimento dei ghiacciai e l’estinzione di qualche milione di animali. Ah, per inciso, quella mattonella di polistirolo più insapore dell’aria, il tofu, deriva nientepopodimeno che da numerosi processi lavorativi della soia, e lo amate così ardentemente che pure il WWF si è espresso in merito, asserendo che “una cucina vegana equilibrata non è sostenibile per l’ambiente”.

In conclusione, la prossima volta che tutti presi bene dalla vostra voglia di attaccar briga, già con la bava alla bocca e i denti digrignati, additerete lo sfortunato di turno che si sta facendo un panino prosciutto e formaggio come un assassino, ricordatevi che lui avrebbe molte più motivazioni di voi a ricambiare il “complimento” solo che, forse, a differenza di chi è troppo preso dalla sua causa per farsi prendere dalla vita come voi, non gliene frega un’ostia di farlo.

2 pensieri riguardo “IL (BISB)ETICO VEGANO

Scrivi una risposta a meinthepoetry Cancella risposta