La bufala del bilancio comunale 2018: i conti tornano!

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Fare i finocchi con il culo degli altri sembra riesca bene al nostro primo cittadino e a chi, per lui e con lui, stila il bilancio comunale annuo. Nel 2018 la Dotta si presenta, come è intrinseco nella sua natura, pure bella cicciona e gonfia di ego: abitiamo infatti nell’unico Comune italiano ad aver costruito la sua programmazione allineata ai 17 goal dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità promosso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Bologna spunta 16 delle 17 postille, il punto che ci rimane in bianco riguarda le attività in ambiente marino e noi ci possiamo fare ben poco, anche se al laghetto dei Giardini Margherita ho intravisto certe sagome che lo squalo balena je fa ‘na pippa.

Gioiamo bolognesi, orsù dunque, o per lo meno che gioiscano i 100.000 concittadini che non pagheranno l’Irpef, o quelli che troveranno invariata l’aliquota per l’asilo nido dei loro figli, o gli automobilist…no, loro no. Ah, scusate, le aziend…no, un attimo. Ecco, ho trovato, i proprietari di immobil…col cazzo, manco loro. Però ragazzi, se siamo così il fiore all’occhiello d’Italia qualcuno c’avrà pure da guadagnarci, no?! No!

E dire che è dal XVIII secolo che il buon Lavoisier ce lo sottolinea con la sua legge sulla conservazione della massa: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Tutto quel mammasantissima di programma sostenibile, tutti i coriandoli lanciati in aria per il nostro piano di bilancio, tutto il riconoscimento ai nostri contabili del cuore, tutto e tutti insieme danno vita ad una nube di fumo abnorme che ci finisce dritta negli occhi, oscurando il principio fondamentale per cui SE DA UNA PARTE DAI, DA UN’ALTRA TOGLI.

“In che zenzo, scusa?”

Nel senso che ‘sto sogno di vivere nella Kirghisia non è altro che l’allucinazione sparaflashata direttamente da Piazza Maggiore. Bravi, che siamo, che facciamo risparmiare l’Irpef ad un sacco di persone e intanto gli facciamo passare sotto il culo un paio di cosine quali:

  1. Come vi ho già raccontato, “a Bologna si è dato il via libera all’introduzione della tariffa di frequenza nelle scuole dell’infanzia comunali, sostituendo il sistema (da sempre vanto del servizio educativo bolognese) che prevedeva solo il pagamento del servizio di refezione scolastica in funzione delle presenze: il nuovo metodo di fatto è un bollettino mensile nel quale si mischiano la mensa e le spese di gestione delle materne”.
  2. La quota variabile della Tari su garage, box e cantine è stata applicata ripetutamente sulla tassa dei rifiuti. In sostanza un moltiplicatore che doveva vedersi solo una volta nella formulina che ci calcola i soldini per il ruschino, si vede più volte. Alla Snai ‘sta svista mai, eh?!
  3. Bologna si piazza quarta, a pari merito con Genova, tra le città più tassate di Italia. Parlo di livelli più alti di imposte sulle imprese e sulle famiglie, sui capannoni industriali e sulle case. Seeee, è impossibile, noi c’abbiamo il Virgiulio (lo sapete che quando è possibile evito denunce) che ci ha detto che siam dei privilegiati. ”Stocazzo” risponde uno studio che si basa su dati dell’Agenzia delle Entrate, della Corte dei conti e del Dipartimento Finanze, ma forse è più accurata la calcolatrice che hanno regalato al fenomeno con le merendine.
  4. E qui c’è l’Oscar alla vigliaccheria, il Golden Globe alla miglior faccia di culo, il Nobel per la truffa: ‘sti stronzi mettono a bilancio le multe! Mi avete capito bene: il Comune di Bologna già sa che nel 2018 prenderemo un totale di 38 milioni di euro in multe, quindi non stupitevi se da ottobre inizieranno a multarci se ci scaccoliamo alla guida, probabilmente non sapranno più come far tornare i conti se nei trimestri precedenti siamo stati responsabili al volante. I geni che gestiscono i nostri proventi sanno pure che chi ci pesta col piede destro e va a cannetta contribuirà ad una cifra pari a 7 milioni di euro quest’anno, e magari i Nostradamus de no’artri sanno dirci pure come andrà l’amore a seconda del segno zodiacale. Io non sono un commercialista, tantomeno un economo, ma a me pare assurdo che un dato variabile come quello di cui stiamo parlando faccia bilancio con una quota fissa, e curiosando su openbilanci.it ho avuto una conferma ai miei dubbi. Insomma, l’amministrazione comunale si prende la briga di approvare un bilancio falso, in quanto presenta “un pareggio formale tra entrate (gonfiate con crediti inesigibili) e spese che di fatto nasconde uno squilibrio economico e finanziario”. Certo, ci sono dei modi di calcolare l’affidabilità dei residui attivi, ovvero i crediti che il Comune nutre nei nostri confronti, ma ripeto: è un dato variabile e con un dato variabile non ci fai il bilancio manco del maialino di porcellana sul comodino. Che questo giochino si possa riscontrare in tanti comuni italiani a me non solleva lo spirito, col mal comune mezzo gaudio mi ci sono sempre spazzata il culo: si deve guardare cosa è giusto o in quanti sbagliano? Se non altro ora mi spiego ‘sta smania degli ausiliari del traffico: non è per le provvigioni che maturano su ogni verbale, i pezzi di merda, non è perché sono dei frustrati, è per il nostro bene che si appostano sui tergicristalli delle nostre auto aspettando il fatidico minuto di ritardo non pagato. Pensavo che peggio di (certi) sbirri non esistesse nulla, poi hanno inventato voi.

Mi dispiace darvi questa brutta notizia, nel caso non ci foste già arrivati da soli Bologna non è la ciliegina sulla torta di niente e nessuno in tema di vivibilità, e con vivibilità intendo anche quanto al cittadino viene chiesto per mantenere inalterata la propria qualità di vita.

Sabato scorso ho avuto una prova concreta degli sforzi a cui i dipendenti comunali sono sottoposti al fine di mantenere inalterate le previsioni di bilancio: in un locale grande quanto la sala di casa di mia, dietro la stazione, in occasione di un concertino live con ingresso a offerta libera, tra il niente degli ultimi binari e il nulla delle aziende (ovviamente tutte chiuse di sabato sera), ARPA e Polizia Municipale hanno dovuto sudare freddo per trovare un motivo (inesistente) che giustificasse un verbale di 1000 euro, tra gli sguardi attoniti dei 30/40 partecipanti alla serata. Ci hanno messo almeno un’ora e mezzo ma alla fine il coniglio è uscito dal cilindro: quelli del locale, ‘sti farabutti aho, avevano lasciato la porta d’ingresso aperta. In realtà era chiusa e controllata da questo tizio che intimava il silenzio ogni qualvolta il tasso etilico e l’entusiasmo alzassero il tono della voce dei presenti fuori a fumare o a chiacchierare. La porta è stata aperta per farli entrare, ma ora che abbiamo preso nota che i nostri beniamini altri non sono che dei caparbi Harry Potter capaci di trovare porte nei muri, mi auguro che alla prossima ispezione si aprano solo delle bocche. E per insultarli.

La Favolosa Favola Del Primo Cittadino

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Oggi, grandi e piccini, vi voglio raccontare una favola.

C’era una volta una città, si chiamava Bologna. Il sindaco di questa città, un certo Virgimio, Virginio, Virgiulio…beh, non ha importanza, comunque lui, un bel giorno del 2011, incontrò il potente mago Amorosi. Il chiaroveggente svelò al primo cittadino i nomi dei suoi futuri 13 collaboratori comunali, 13 nuovi apostoli altamente specializzati che si sarebbero dovuti occupare, collaborando con altre figure di palazzo, del benessere di Bologna e dei bolognesi.

“Puffarbacco!” Esclamò il profetico Amorosi una volta estratto dal cilindro anche l’ultimo nome dei fantastici 13 “Ma questi sono i nomi degli attuali dipendenti dell’Amministrazione, il mio cappello forse è vicino al tagliando! ”

“Ssssshhh, cazzo gridi, imbezèl! Dai, dai, che ti sei sbagliato, vai ben a rimestare nel torbido di quelli di San Lazzaro, che sicuro qualcosa han fatto!”

E il loro incontro terminò così.

Qualche giorno dopo, e dopo aver fatto revisionare i suppellettili magici, il mago Amorosi denunciò pubblicamente il misfatto “Vengono richiesti profili per singole posizioni così dettagliati da coincidere perfettamente con i dirigenti del Comune che già ricoprono quei ruoli! “.

“Ma dai, polemico, sarà una coincidenza!” Rispose il sindaco intento a tirare righe di pennarello (nero indelebile e duraturo negli anni) su un innocente “Segni particolari richiesti: una voglia a forma di Lissodelfino Australe sul polpaccio destro” impresso sul bando di concorso comunale relativo ad una delle posizioni vac(c)anti. Peccato che quel giorno il buon Virgiulio (battezziamo che sia questo il nome e magari mi evito una denuncia) avesse un tantino esagerato con il Sangiovese e, ahinoi, la postilla rimase chiara e leggibile. Sempre in preda ai fumi dell’alcol, il sindaco impugnò la spada reale e proclamò Lombardelli, scribacchino di palazzo e giullare part-time, Capo di gabinetto.

“Ma cosa caspita fai, bròt bagài?! L’è un èsen, c’hai bisogno della corona d’alloro per quel posto!” Gridò allo scandalo l’indovino, ma nessuno lo prese in considerazione. Amorosi, che per nulla al mondo avrebbe fatto passare un’ingiustizia nel suo regno, non si arrese e, raccolta la documentazione necessaria, fece in modo e maniera che la vicenda trapelasse dalle mura bolognesi. Passarono anni prima che il gran visir di tutti i maghi potesse emettere una sentenza, i sentieri impervi e tortuosi di Legislaziopolis non resero l’impresa facile ma alla fine, grazie all’intervento supremo della Fata Lucia Borgonzoni, l’illecito amministrativo venne a galla prorompente. Parte dei denari spesi dal regno per la busta paga del povero dirigente Lombardelli furono così presi dalle tasche del sindaco, e di due dei suoi galoppini, e restituiti alle casse di Bologna.

Cosa successe dopo? La spavalda Iannucci, una dei due factotum del Virgiulio menzionati poc’anzi, dopo essersela gufata malamente con la sua affermazione del tipo “Se paghiamo… paghiamo 100 euro. Volevo metterli sul tavolo stamattina poi tra cavallo da strigliare e briglie da sistemare mi sono dimenticata!”, depose la scimitarra e, con la coda fra le gambe, lasciò il palazzo reale bolognese. In segno della sua profonda gratitudine, il buon sindaco ebbe un’idea formidabile e regalò ad Anna Rita (la spavalda) un’opera d’arte appartenente alla collezione del Comune. Il genio, probabilmente sempre per coincidenza, non aveva considerato che quel quadro portava la firma del nonno di Fata Lucia. Il giullare di corte venne automaticamente licenziato: ne bastava uno. I bolognesi, perplessi, si interrogarono tra loro “Ma come?! La premia pure? E poi con una parte del patrimonio comunale giunta a palazzo grazie alle mani di nonno Borgonzoni? Ma quella lì, poi, non è mica quella dei 100 euro? Ma…per caso hanno bevuto?”.

Consultando la versione aggiornata del Codice di Hammurabi, i consiglieri di corte avvisarono il nostro beneamato primo cittadino del rischio di incorrere nel reato di peculato d’uso per l’utilizzo temporaneo del bene. A nulla servì l’arringa solitaria di Virgiulio, il quale, tra un bianco frizzante e l’altro, tentò invano di giustificarsi “Va beh ragazzi, però se me l’appoggiate sulla scrivania poi io penso che sia roba mia eh!”.